Un concerto al museo. Cronistoria fedele
Un po' di tempo fa io e gli
sparaventose abbiamo tenuto un piccolissimo concerto nel Museo della mia città senza fiume.
In realtà non si trattava di un vero e proprio concerto, bensì di un incontro della locale deputazione di storia patria in cui eravamo coinvolti in 3 relatori, uno di cui non ricordo nulla, uno che doveva parlare del fondo conservato presso #sconosciuto archivio cittadino e io, che dovevo parlare di un paio di manoscritti polifonici da cui ho trascritto alcuni pezzi.
Al termine, piccola esibizione degli sparaventose per fare sentire i 3 mottetti trascritti da lì.
ore 14.30
Ci troviamo per provare.
La conferenza è alle 16, e ogni relatore ha a disposizione un quarto d'ora come da incessanti raccomandazioni degli organizzatori, per cui alle 15.30, a prova finita, mi sembra ovvio lasciare i coristi liberi ed esclamare "yeah, alle 16 si comincia, 10 minuti accademici, alle 16.20 il primo relatore, alle 16.35 il secondo, alle 16.50 parlo io, alle 17.10 cantiamo, alle 17.45 cazzeggio, alle 19 siamo tutti al ristorante.
Comunque non vi allontana..."
Solo che tenere unito un coro tra la prova e il concerto è come avere per le mani una muta di 15 bassotti esagitati e slacciare improvvisamente tutti i guinzagli.
L'effetto è sempre, sempre quello di 15 bisce impazzite che sgusciano via in tutte le direzioni del creato alla velocità del suono, con in faccia il caratteristico sguardo di chi deve prendere un importantissimo aereo per Los Angeles - o che (se preferite) è
proprio lo stesso sguardo fisso nel vuoto di chi è in disperata astinenza dalla triade smartphone-caffè-sigaretta.
ore 16.36
Si comincia con un <sarcasmo>certo</sarcasmo> ritardo.
Ricordiamo che ho fatto venire lì i coristi ad orari inauditi sommergendoli con la mia solita ansia incommensurabile, privandoli del sacrosanto caffè post-pranzo e del gran premio di Imola, visto che è domenica, e noi cantiamo per ultimi.
E per giunta solo 3 pezzi.
Dopo 3 conferenze chiusi in un museo polveroso.
Mentre fuori è primavera.
E' naturale che un po' mi odino.
ore 16.58
Dopo 20 minuti di sproloqui inutili il presidente della seduta si degna di far cominciare il primo relatore.
ore 17.25
Siamo già fuori di un tempo imprecisato, e il primo relatore sta ancora blaterando qualcosa di accademicamente insulso.
Tuttavia in realtà il primo relatore non è male; è il secondo, il problema.
Si tratta un
tizio in giubbino scamosciato che dalle 17.34 sta andando avanti a parlare di filze, faldoni, buste, fascicoli di quel #dannato archivio cittadino senza interruzione, ossia da quarantacinque minuti.
45.
Quarantacinque.
E vi pregherei di notare che qui non sto esagerando, erano veramente 45, esatto, quarantacinque, 45 minuti di soliloquio tedioso con voce da seminarista afono nonostante la mia faccia in prima fila e i gesti minatori di #organizzatore di fianco a lui.
Indovinate chi è l'idiota che ha passato gli ultimi due giorni a cronometrarsi ossessivamente per stare dentro il quarto d'ora.
ore 18.32
Al trentesimo riepilogo della situazione dei faldoni e dei fascicoli e delle buste e delle filze di quel cazzo di fottutissimo archivio cittadino
due coristi si impiccano alle sculture contemporanee,
un altro si sostituisce di nascosto ad un Cristo fiammingo.
Dato che comunque non manca moltissimo faccio un giro per le sale del museo nell'illusorio tentativo di ricomporre i coristi e tenerci pronti.
Alle solite:
#coristaAvvocato viene trovato chiuso dentro la teca del Parmigianino,
#coristaDina si sta ancora vestendo,
#coristaMax sarebbe l'unico pronto ma sta discorrendo del kamasutra con il sorrisetto di chi uscito da lì a differenza di tutti gli altri combinerà qualcosa e
#coristaX viene rinvenuto solo, nella stanza dei manoscritti, mentre ride come un folle.
Due nel frattempo si sono persi nel vescovado,
uno è stato visto l'ultima volta al caffè "Jessicah" in compagnia di una bionda e
#coristaDindo mi gela dicendomi che fra 4 minuti 4 deve andare a prendere i figli alla partita di calcio delle medie.
ore 18.41
Blocco
#coristaDindo con gli occhi lucidi e una promessa qualsiasi e, finalmente, espongo la mia relazione.
ore 18.55
Finalmente, cantiamo.
Cantiamo anche abbastanza bene.
Per l'ansia di non perdere
#coristaDindo - che oltre a cantare col cappotto e le chiavi della macchina appese al mignolo minaccia di andarsene ogni 4 battute - attacco tutto 5 o 6 tacche di metronomo più veloce.
Poi grazie al cielo andiamo a cena.