domenica 29 aprile 2018

Boom nel senso di boom

L'altra sera io e Mistereffe siamo andati in giro per mostre fotografiche.
C'è una città, in Emilia, che ospita periodicamente mostre fotografiche.
Mistereffe è un personaggio nuovo, ed è completamente pazzo.

Una delle attrazioni della città emiliana che ospita periodicamente circa 674 mostre fotografiche per metro quadro è un apparentemente innocuo palazzo del centro storico, una specie di cortile alla napoletana su cui si affacciano numerosi appartamenti in un labirinto di corridoietti, scale, logge, pertugi e monolocali con la stessa logica catastale della casa che rende folli di Asterix.

Il palazzo, che d'ora in poi chiameremo Escher, ospita durante l'anno artisti, laboratori fotografici, divani su cui giovani hipster iscritti all'accademia conducono vite che noi umani, canne e sighe dalle dimensioni abnormi, cani, vegani, gente figa.

Dovete sapere però che durante l'anno Escher è sempre chiuso, nel senso chiuso a quelli come me che tecnicamente sarebbero anche un po' artisti grazie alla musica ma non possiedono ancora il Diploma di Personaggio Hipster - e che probabilmente non lo possederanno mai, dal momento che continuo a vestirmi come nel 2009 e fondamentalmente so che se ti vesti da deficiente seguendo la moda femminile del 2018 sembri solo deficiente, non alla moda femminile del 2018.

Dato che però solo in questi 15 giorni all'anno Escher apre per ospitare varie mostre fotografiche e artistiche realizzate dalla #gentefiga, in questi 3 weekend tutto il mondo conosciuto si riversa dentro Escher.

Escher è bellissimo, "ma che cazzo sembra di essere a Shakespeare Company di Parigi!" come Mistereffe tende spesso a ripetere ad un volume superiore al legale, stringendo il sacchetto di gnocco fritto che abbiamo portato via dal ristorante ("cazzo non si lascia lì il gnocco fritto, nemmeno se ci siamo nati in mezzo") e la bottiglia di chianti senza tappo che abbiamo portato via dal ristorante ("che cazzo non si lascia lì del vino anche se lo sto bevendo tutto da solo").

Sì, io non bevo tanto e soprattutto a Escher c'è talmente tanta gente che rivaluto l'Ikea di Milano alle 18 della domenica di saldi quando piove.
In ogni caso Mistereffe è ubriaco.

Abbiamo tutti e due la reflex, io non ho tanta voglia di scattare con tutta quella gente che si fa selfie in continuazione da ogni angolazione possibile sempre le stesse e invece di sciamare guardando normalmente le mostre si ferma ad ogni passo intasando i pertugi solo per fotografare se stessi a boccuccia coprendo le foto esposte, mentre Mistereffe scatta quanto un reporter di guerra.

(Per la cronaca, Mistereffe fa foto bellissime).

Insomma io adoro Escher, perché è un palazzo antico in cui sembra di vedere davvero come fosse vivere nella città emiliana che ospita periodicamente mostre fotografiche prima del boom architettonico anni '60 (boom nel senso proprio che han fatto boom), per cui ogni anno cerco di tornarci.
Prima di entrare in Escher però siamo andati a mangiare gnocco fritto, tagliere di salumi, Parmigiano, vino rosso e tortelli, perciò Mistereffe è ubriaco e gira con un sacchetto unto di gnocco che a tratti cola sulla reflex e la bottiglia senza tappo di chianti caldo che minaccia di riversarsi sul mio paletò.

Per prima cosa Mistereffe è ubriaco, quindi essendo anche un entusiasta trova clamorosamente belle sostanzialmente tutte le foto esposte a Escher (circa 8700), e ritiene importante segnalarlo esclamando "MA CIAO!!!!" davanti ad ognuna di esse facendo così credere ai 6 hipster lobotomizzati presenti con noi nello stesso metro quadro di essere una loro vecchia conoscenza.

Anche "CAZZO SEMBRA DI ESSERE A SHAKESPEARE COMPANY" è un Leitmotiv frequentato.
(Peraltro, Mistereffe fa foto bellissime anche da ubriaco.)

Dopo 45 minuti siamo a metà della prima rampa di scale, abbiamo visto 8 foto e unto di gnocco 94 persone.

Dopo un'ora e mezza approdiamo in un appartamentino dove una coppia di #gentefiga ci vive davvero (hanno anche messo in soggiorno un cartello con scritto "ehi noi qui ci viviamo davvero ;) ;) ;)", ok, bene, grazie, molto interessante).
La coppia è intenta a far finta di litigare in pubblico come in una pièce di teatro di prosa americano serio degli anni '70, parlando ad alta voce di quanto siano artisti e offendendosi apposta con parole pesanti ("sai, vivo con quel disabile" - lui ha un piede fasciato - "quella stronza fa satira" - a lei che lo definisce infedele) davanti agli amici (altra #gentefiga) così da sembrare ancora più #fighi.
Mistereffe chiosa il tutto con "MA CIAOH!! SEMBRA DI ESSERE A SHAKESPEARE COMPANY" lasciando tutti interdetti e passiamo al pertugio seguente, in cui ritroviamo la compagna di #bravissimofotografo, due personaggi completamente pazzi.

Guardiamo la mostra di #bravissimofotografo (un reportage dal Gambia o cose così) e dato che lui non c'è facciamo i complimenti alla sua compagna, allora lei cinguetta "e la mia? La mia? La mia mostra l'avete vista?! La mia è qui eccolaaaahh!!!!"Mistereffe azzarda un "MA C..." ma poi no, gli muore in bocca, le foto di #compagna di #bravissimofotografo purtroppo fanno veramente schifo (collage di animali del deserto mischiati ad immagini di mappamondi, completamente a cazzo).

Con un certo freddo nell'aorta fingiamo di perderla di vista travolti dai selfie e ci lasciamo trascinare nel pertugio seguente.

E nel pertugio seguente finalmente eccolo, è lui: l'Artista Locale (AL), immancabile personaggio di queste mostre, colonna portante della scena culturale italiana dal Manzanarre al Reno, specie giammai in via di estinzione ma non sempre facile da stanare.
Come riconoscerlo? L'AL è chiaramente abbigliato con la livrea d'ordinanza, ossia camicia hawaiana decorata con ananassi e noci di cocco su fondale arancione, pancetta, range 45-56 anni, capelli ricci brizzolati fra il corto e il caso e occhiali alla Lina Wertmüller, possibilmente bianchi, rossi o verde fluo.
Come da manuale l'AL pontifica completamente a suo agio facendo battute #moltospiritose su qualcosa di #moltodivertente, nell'abile tentativo di spostare l'attenzione dai suoi quadri (...) a se stesso.

È a quel punto che, out of the blue, un fotografo X chiede a Mistereffe di andare a salutare un altro fotografo Y che Mistereffe non conosce fingendo di essere stato suo allievo, per fargli uno scherzo. Nessuno meglio di Mistereffe può riuscire nell'impresa senza ridere, improvvisamente lucido (ma è mai stato veramente ubriaco?).

A quel punto siamo pronti per passare al pertugio seguente, dove ci aspetta il secondo vero motivo per cui io sono lì, ossia la mostra di #RR, fotografobravissimo.

#RR, fotografobravissimo vanta una inquietante somiglianza fisica con l'avvocato viscido e cattivo di Uomini che odiano le donne (versione inglese), fa ritratti di professione, ha una voce gentile e completamente diversa da quello che ci si aspetterebbe, occhi penetranti, sostiene che a fotografare modelle nude non ci si eccita e viene spesso a sentire i miei concerti.
Rimane deliziato dal siparietto (io talmente stanca da non riuscire ad articolare una frase, Mistereffe ubriaco con in mano quel che rimane del sacchetto di gnocco fritto) e ci racconta di cosa c'è dietro le sue foto, compresa quella di un posto nella Bassa dove anche Mistereffe ha giocato da bambino (mi commuovo io, lui non riesce a smettere di dire "CIAO").

#RR, fotografobravissimo riesce anche a scattare un ritratto a Mistereffe, passando sopra il fatto che Mistereffe non sta fermo sul divanetto come un lemure che tenta continuamente di impossessarsi della sua reflex e si sposta a caso mentre scatta ungendo tutti i cuscini.
Una asciutta, silenziosa ed elegante signora, presentata da #RR, fotografobravissimo come "la padrona di casa", con affinata compostezza e un educato sorriso attende che ce ne andiamo, poi rassetta i cuscini del divanetto, accigliata.

Confluiamo quindi nella sala più triste di Escher, una stanza con musica a palla, quadri astratti di una bruttezza pari all'isola delle bottiglie di plastica dell'Atlantico, due dj pelati infoiatissimi e #gentefiga svaccata sul divano (ragazze magre boho-chic che pontificano e ragazzi magri con t-shirt del Che che ignorano chi sia e pontificano - fra 40 anni i nostri prossimi AL con camicia a fiori e Kermit la Rana - senza più sapere chi sia Kermit la Rana, ovviamente).

Dopo un'ora e 52 Mistereffe è ancora ubriaco, allora scendiamo nei sotterranei, dove per un buffo caso ben 8 persone in una stanza stanno contemporaneamente portando in braccio dei volpini, e una tipa ci mette 45 secondi a capire che la persona con cui sta parlando del collare del cane sono io e non la sua amica Stefy.

Alle 00.13 Mistereffe ha l'intuizione della vita: fotografare me travestita da autoritratto di Dürer - effettivamente, un modo finalmente fruttuoso per impiegare la pelliccia a strisce ereditata da una lontana parente.
Poi ne ha avuta un'altra, ma ce la siamo dimenticati.

Usciamo da Escher ad un orario non definito, ci perdiamo nei vicoli della città emiliana, torniamo a casa. Insiste perché io porti a casa il vino e il sacchetto di gnocco. Ci metto 6 minuti a convincerlo di no.
#RR, fotografobravissimo mi scrive che l'abbiamo divertito.
Molte persone torneranno a casa con strani aloni di unto sulle maniche.

martedì 27 marzo 2018

come Vasco

Sono sempre io
Sono ancora qua
Faccio sempre lo stesso lavoro

Nella biblioteca dei pazzi di conservatorio.

#1 - quella che ha visto troppi film nell'high school americana

ore 9, abbiamo appena aperto.
Antefatto: la biblioteca è dotata di alcuni armadietti in cui riporre le borse, dato che non abbiamo sensori antitaccheggio. WOAH. ARMADIETTI.

"chao."
"ciao, #utontadeficiente"
"xao. Prendo dall'armadietto la mia roba che ho lasciato ieri, ochei?"
"ok, cer... scusa, in che senso lasciato ieri?"
[sorrisone] "ieri. Oh sì. E anche l'altro ieri."
[voce alla Carlo Verdone] "scusa, in che senso"
"beh, sono settimane che faccio così. Tanto si chiude a chiave, no? Ci lascio tutte le mie cose." [sorrisone]
"ah."
"perché? [occhi a cartone animato giapponese] Che problema c'èèè?"
"beh l'armadietto non è tuo, teoricamente a fine giornata dovresti liberar..."
"ma cosa cambia? Di notte nessuno li usa."
"sì, ma mica è un garage in affitto in cui stipi roba tua"
"sì, non siamo negli Stati Uni..."
"NON CAPISCO"
"non è tuo, l'armadietto. Va liberato e la roba te la porti a casa"
"NON CAPISCO"
"DEVI SAPERE CHE L'ARMADIE..."
"Trantor, è inutile, lascia perdere."
"ok vabbè, niente."
"bene allora ciaooooo"
"ciao."
"."


#2 - quella che ha visto troppe metafore della sinistra italiana aka Tafazzi


Antefatto: in biblioteca gli utenti che stampano fogli dalle postazioni internet pagano ciascuna stampa 10 cent. Se però ne fanno meno di 4, al giorno, fino a 4, allora quelle eccezionalmente non le pagano. Ma essendo un'eccezione, e dovendo esistere da qualche parte nel panorama filosofico odierno l'odioso concetto metaforico, simbolico e fottutamente concreto di "SOGLIA" (aka "nun t'allargà"), se ne stampano 5 ne pagano 5.
Per cui sì, teoricamente potreste venire da noi e stamparvi 4 fogli gratis tutti i santi giorni. Sì. Potete.

"ciao, sono #utontaTafazzi"
"ciao Tafazzi, dimmi"
"devo stampare delle pagine dalla chiavetta"
"ok, accomodati lì alle postazioni libere"
"ok. ... fatto. Sono 16 pagine"
"sono un'euro e 60"
"eh eh eh sì, però [ammicca] c'è lo sconto di 4 fogli, quindi... ehehe uno e 20."
"no, un euro e 60, non hai letto tutto il cartello? Lo sconto vale solo se ne stampi poche e solo quelle, la regola è che le fotocopie costano dieci cent..."
"MA CHE CAZZATA!"
"ma Cristo d'un Dio prego?!"
"CHE CAZZATA IMMANE"
"scusa, Tafazzi, ti veniamo incontro se stampi poco e tu ti lamenti?"
[veemenza alla marco travaglio quando ancora faceva seconde domande] "ma insomma che logica è blablabla dite che fate degli sconti e poi invece blablabla antani blablablae allora io scusa adesso vengo ogni giorno e e e e e e e eeee stampo 4 fogli per sempre!!!! GNE!"
"sì. Esatto. Puoi. Fallo. Cazzo. Fallo. Ti aspettiamo. Ogni mattina alle 9. Prego. Stampa pure i tuoi cazzo di 4 fogli al giorno. Ne hai facoltà e sai cosa?, non ce ne frega un fottuto  c a z z o, vuoi lamentarti anche di questo?"
"...nu."
"bene. Allora sono un euro e 60."
"mpf. gnæckø."
"prego?"
"ecco."
"30, 40, 50, 60... Perfetto. Grazie."
"..."
"..."
[mette via il borsellino con la verve di un cane bastonato che medita sul teorema di Arrow] "comunque tutto questo non ha senso."
"brutta imbecille non ha senso che critichi la possibilità di avere uno sconto dimostrando la stessa agile logica di un Bertinotti che fa cadere il primo governo di sinistra dai tempi di Anco Marzio "per il bene del Paese", se mai"
"vabbè. ciao."
"Tafazzi."
"eh?"
"niente."
"."

E domani sarà un nuovo giorno.